“Correre
è vivere. Tutto quello che si fa prima o dopo è solo attesa.”
Con queste parole rese celebri in “Le Mans”,
il mito hollywoodiano Steve McQueen consacra definitivamente il
culto della velocità.
I
corridori di dragster affermano di vivere più in quei pochi secondi
in cui percorrono il quarto di miglio che in tutta la vita.
Diversamente
per i detrattori la velocità è qualcosa da poveri stolti. Persone
stupide attratte solo dalla sfida con la morte.
Quale
sia la verità assoluta non è dato sapere. Ognuno ha la propria.
Però è indubbio che la velocità, specialmente con mezzi a motore,
genera un indubbio fascino, soprattutto nei più giovani. Ma la
velocità non è solo rischio fino a se stesso. E' scoperta dei
propri limiti. E' un modo per molti di avvicinarsi alla parte più
intima del proprio IO. Però, come detto, il rischio spesso è alto.
Molto. Allora vale la pena di coltivare questo culto solo ed
esclusivamente negli appositi spazi, cioè i circuiti. Che si usino
le quattro ruote piuttosto che le due. Che si vada su piste asfaltate
o su altre in terra battuta. Che si abbia quindici anni o settanta.
Che lo si faccia per passione o per professione. Non importa. Basta
che si corra solo ed esclusivamente nei circuiti. Meglio se ci si
prepara fisicamente e, soprattutto, non si usino droghe o alcool. Non
è un discorso moralistico. Per strada si rischia infinatemente di
più di farsi male. Ed un buon allenamento, coadiuvato da una vita
sana, senza l'ausilio di sostanze alcoliche o stupefacenti permette
di godersela ancora di più......
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