mercoledì 17 gennaio 2024

Ci ha lasciato!!!!!! Per sempre "The Go-Show"

 

Scrivo di getto, con una punta di rabbia e molta malinconia: Anthony Gobert ci ha lasciato da poco, sopraffatto da anni di droghe ed eccessi di ogni genere. Forse il più grande talento del motociclismo. Quando era in giornata non ce ne era per nessuno, ma troppo pochi erano quei momenti. Dei primissimi tempi nel Mondiale Superbike ricordo molto poco. La mia memoria parte dalle due gare di Phillip Island del 1996 vinte a mani basse, facendo impazzire tutti gli avversari con staccate e sorpassi folli, salvo poi presentarsi sul podio mezzo nudo e con i capelli color carota. Ricordo perfettamente anche le due gare disputate come wild card a Laguna Seca con il team Ducati “Vance & Hines”, vinte da lui e da Ben Bostrom.

Come tutti i talenti più puri “The Go-Show” era in grado di andare fin su alle stelle in un attimo, salvo voi ricadere sulla terra in maniera altrettanto veloce. E come tutti questi talenti aveva la capacità di riconciliare chiunque con lo sport di riferimento (in questo caso il motociclismo). I paragoni con altri talenti maledetti sono parecchi, ma su tutti mi viene in mente Paul Gascoigne, per tutta una serie di motivi.

Pensando all’enorme talento sprecato di Gobert e rapportandolo con la mia vita, mi viene una rabbia infinita (e penso succeda a molti) perché penso che se avessi avuto la miliardesima parte del suo talento in qualunque campo, avrei potuto realizzare grandi cose, invece di sputare l’anima senza arrivare a molto. Ma il problema è proprio qua. Molti maestri di yoga affermano che la mente sia spesso un ostacolo per la persona, con i suoi mille tranelli. 

L’inghippo, infatti, è proprio questo: puntare il dito dicendo “se solo fossi stato come lui……”, portandoti così immediatamente a giudicare, non comprendendo che i veri “talenti” vivono vite del tutto peculiari con logiche lontano mille miglia dai comuni mortali. In queste situazione si deve solo dar retta alla propria anima ed ammirare solo quanto hanno fatto. Per sempre Go-Show!!!!!! Mancherai!!!!!!!

 


lunedì 17 ottobre 2022

La VERA storia di Hannibal Lecter!!!!!

Pochissimi sono a conoscenza del fatto che lo scrittore Thomas Harris, creatore dello psichiatra killer si sia, in realtà, ispirato ad una storia VERA: una storia italiana. La storia di un affermato chirurgo tutt’ora in servizio…..

Hannibal Lecter, al secolo L.S. (per problemi di privacy non è possibile mettere il nome completo) nasce a Roma agli inizi degli anni settanta da una nobile e ricca famiglia di origine meridionale. Fin dalla tenera età è attratto dalla velocità e dal mare, mostrando completo disinteresse per il calcio e lo sport in genere.  Il carattere apparentemente mansueto lo porta ben presto a diventare un punto di riferimento tra i suoi compagni di classe, grazie all’educazione cavalleresca impartita soprattutto dal nonno paterno. Giunto ormai alla maggiore età, al momento della chiamata alle armi, riesce a far parte di un corpo militare d’elite. L’educazione e la pacatezza dei modi che lo contraddistinguono gli permettono di entrare ben presto nelle sfere dell’alta società, supportato anche dalla nobile tradizione familiare. Frequenta i personaggi più in vista della Capitale, intrecciando relazioni amorose con alcune tra le donne più chiacchierate dell’alta borghesia. Nel frattempo iniziano ad emergere le prime avvisaglie della sua personalità psicotica e psicopatica, sebbene l’iscrizione alla facoltà di Medicina in una delle più famose e rinomate università capitoline, dovrebbe garantirgli una sorta di stabilità interiore.

Grazie alla grande disponibilità economica familiare, riesce a coltivare la sua passione per i motori che lo portano ad imprese, raccontate solo nei salotti occulti di quella borghesia dalla quale è ossessionato, delle quali non si deve assolutamente conoscere. E come capita spesso, grazie a qualche gola profonda, anche i più oscuri segreti vengono rivelati. Emerge un episodio accaduto dopo il primo esame universitario. 

Il nonno decide di regalare al nipote una bella moto da cross con la quale scorazzare sui monti del Lazio, dove la famiglia ha una delle residenze dove trascorre le vacanze. Il nostro Hannibal (o se volete lo possiamo indicare con le sue iniziali: L.S.) decide di passare una mattinata in pace (non per gli altri) e raccoglimento (questa sua voglia matta di raccoglimento troverà consacrazione ai tempi attuali), arrampicandosi con la moto lungo un sentiero che lo porta in cima alla montagna. Arrivato in vetta al monte, invece di godersi l’immenso panorama circostante viene preso dalla voglia di tornare immediatamente a casa. Guardatosi intorno, si rende conto che il sentiero è troppo stretto e deve scendere lentamente in retromarcia, confidando in qualche piccolo slargo per girare la moto e ritornare a casa. Cosa fare ???? In un attimo il lampo (uno dei primi che caratterizzerà, almeno da quanto viene raccontato, la sua esistenza futura): getta la moto dalla montagna per tornare a casa a piedi come se nulla fosse. Il problema è che, dopo aver rimbalzato per decine di metri, la moto atterra malamente su un carico di letame che inonda una povera famiglia intenta a pranzare nel suo giardino poco distante……Di quanto successe dopo viene mantenuto il più alto riserbo anche se L.S. fu costretto ad un lungo esilio da quella amata residenza montana……

Nel frattempo Hannibal si sposa con una collega ed arriva il primo figlio. Il fatto appena descritto, nell’immaginario dei pochi a cui è stato raccontato, è destinato a rimanere senza seguito. Mai considerazione fu più errata…….

Proprio con la famiglia Hannibal trova la sua consacrazione dopo essere diventato, nel frattempo, affermato chirurgo di fama nazionale. Di giorno professionista, marito e padre esemplare, nel fine settimana stalker di negozianti di motociclette. La sua specialità il cambio di motocicletta nuova dopo al massimo tre mesi, con apertura e chiusura dei finanziamenti ad una velocità impensabile per i comuni mortali. La stessa velocità con la quale guida auto e moto terrorizzando chi, fidandosi dei suoi modi garbati ed educati, accetta di diventare suo passeggero.

Il modus operandi è più o meno lo stesso. Compra la moto  “X” (sempre marche blasonate) dicendo che, finalmente, ha acquistato la motocicletta che cercava. Dopo poco (in qualche occasione addirittura dopo due o tre giorni….) compra la moto “Y” dicendo che quella “X” non fa per lui. Qui si innesca il meccanismo della trattativa. Per comprare la moto “Y” deve dare in permuta (se prima non riesce a venderla privatamente) la moto “X”. Inizia il lento lavoro ai fianchi del povero negoziante (che nella maggior parte dei casi alla fine cede) affinché la moto presa in permuta venga valutata oltre ogni aspettativa. Se, per caso, riesce a vendere la moto “X” privatamente può anche accadere l’imponderabile. E’ capace di andare dal commerciante Tizio e, dopo lunghe trattative, concordare l’acquisto della motocicletta al prezzo di “uno”, riservandosi di formalizzare l’affare in un secondo momento non definito. Poi, nel giro di un breve lasso di tempo, riesce ad andare dal commerciante Caio ed acquistare la stessa moto al prezzo di “cinque”……

Da qualche anno Hannibal ha individuato la vittima preferita. Un noto e serio concessionario di una marca importante, che tartassa in un periodo circoscritto con proposte di acquisto e permuta di ogni tipo, salvo poi sparire immediatamente per lunghi mesi. Il commerciante in questione ha iniziato un percorso in vita verso la Santità che lo porta spesso a soddisfare le richieste di Hannibal Lecter.

Forse per l’età di mezzo (prossimo ai cinquant’anni). Forse perché il noto concessionario, a causa del percorso sopra descritto, ha iniziato a non replicare più. Forse a causa della genialità che lo contraddistingue e gli permette di eccellere come chirurgo, il nostro Hannibal sembra aver perso interesse in quanto faceva prima e, da qualche tempo, non si hanno testimonianze di persone terrorizzate che sono salite per sbaglio in moto o in macchina con lui.

Il nato interesse per la pittura di paesaggi, coltivato con dedizione. L’approccio ancor più cordiale, con il timbro della voce regolare e senza acuti, unito ad un atteggiamento apparentemente innocuo, a tratti quasi remissivo, permettono di scambiare Hannibal Lecter per un alto prelato. La solita gola profonda parla di un suo futuro ingresso in Seminario a scapito della professione medica.

Avremo Don Hannibal Lecter ??????

giovedì 25 febbraio 2021

Manca ancora qualcosa!!!!!




La Moto Guzzi taglia a pieno regime il traguardo dei cento anni, ma serve un ulteriore sforzo per festeggiare come si dovrebbe questa ricorrenza così importante.

Da quando il Gruppo Piaggio guidato da Roberto Colaninno ha acquisito la proprietà di Moto Guzzi è avvenuto quel progressivo rilancio che molti si aspettavano. Un rilancio un tantino lento e forse ancora con qualche aspetto da migliorare, ma che sembra offrire prospettive di un futuro solido e radioso.

Contrariamente ad Harley-Davidson che sembra aver imboccato la strada di un lungo ed inesorabile declino, togliendo modelli iconici dalla propria gamma come lo Sportster (che non verrà commercializzato in Europa ma solo negli States), dando evidenti segni della mancanza di una strategia aziendale a medio-lungo termine, a Mandello del Lario hanno ragionato in maniera diametralmente opposta incentrando il 2021 su tre modelli presenti in gamma, una cilindrata unitaria per i motori e la possibilità di un unica piattaforma futura per i modelli in costruzione, in tal modo realizzando economie di scala e non disperdendo risorse verso la costruzione di modelli che non servono alla Moto Guzzi

Si deve riconoscere che, se è stato possibile effettuare queste scelte, il motivo lo si deve ricercare nell’appartenenza di Moto Guzzi ad un gruppo imprenditoriale a livello motociclistico tra i più importanti (se non il più importante) del mondo, dove gli altri marchi presenti possono colmare il vuoto di modelli non usciti dagli stabilimenti di Mandello del Lario.

Tutto bene ???? Quasi. Mai come in questo centenario, si avverte l’esigenza di un qualcosa di innovativo, capace sia di non recidere quel cordone ombelicale con i guzzisti più puri, sia di creare ulteriore interesse attorno al marchio. La presentazione dei tre modelli in gamma (V9 Bobber, V85 e la nuova V7 von motore da 850cc) nella colorazione dei cento anni è il segno tangibile della nuova prospettiva aziendale, ma urge un ulteriore sforzo. Parlo di due modelli che potrebbero essere prodotti attingendo al grande know-how di Aprilia e Piaggio. Mi riferisco ad un “Galletto” (prodotto anche con motore elettrico di cui erano apparsi mesi addietro rendering non ufficiali) ed un “Falcone” con il tradizionale cilindro orizzontale. Assurdità ????? 

domenica 15 dicembre 2019

C'erano una volta le case motociclistiche.....


Ora ci sono solo “produttori” di moto. Non uso nemmeno il termine “costruttori”, che implica un qualcosa in più. Ora si è appiattito tutto. Una volta c'erano dei confini nella produzione delle motociclette. Confini dettati dalle proprie tradizioni e conoscenze che rendevano quasi ogni casa motociclistica (che si trattasse di grandi aziende o piccole “factory” poco importava) “unica”. Oggi, forse colpa della globalizzazione, si è andato quasi tutto perdendo.

Hanno iniziato le giapponesi negli anni novanta producendo custom (ad appannaggio quasi solo di Harley-Davidson) eppoi il fenomeno si è allargato a macchia d'olio fino ai giorni d'oggi. Una volta le giapponesi erano famose per le quattrocilindri sportive, Harley-Davidson per il suo V-Twin (e quando esplorò altri orizzonti durante l'era AMF ebbe solo a rimetterci), Moto Guzzi (della quale si può parlare a lungo dell'era De Tomaso...) per il suo V trasversale, BMW per il boxer ecc. Situazioni che le rendevano eccellenti nel proprio ambito. Sia il semplice consumatore che l'appassionato sapevano che se volevano comprare la moto da enduro dovevano rivolgersi alla casa X, se volevano la bicilindrica alla casa Y e così via dicendo, senza trovare sorprese di sorta.

Oggi praticamente ogni casa ha un catalogo infinito di moto di cui non sempre riesce a garantire la qualità elevata. La colpa primordiale, secondo me, è della globalizzazione che ha imposto nuove regole di mercato. Proprio in questi giorni Harley-Davidson ha annunciato la produzione di un bicilindrico di circa 400 cc in linea raffreddato a liquido, costruito in Cina. In un primo momento si è parlato della stessa base tecnica della Benelli. Ma vi rendete conto ???? Così si perde tutto!!!!! Così chi ama le moto si sentirà disorientato e chi si avvicina per la prima volta a questo mondo sarà indotto a scegliere principalmente sulla base del mero prezzo seguendo il logico ragionamento: voglio ad esempio un “mono” di piccola cilindrata, dato che sono tutti uguali vado da chi mi fa spendere un poco di meno.

Prima, invece, si capiva la tipologia di moto che si voleva comprare, si verificava la disponibilità economica eppoi si andava dalla casa di riferimento. Se vogliono continuare a sopravvivere le case motociclistiche debbono iniziare a fare grossi passi indietro e tornare a produrre moto come una volta. Ad identificarsi con il loro prodotto.

Come si può parlare di marketing e comunicazione, cercando di attirare nuovi clienti, se non sono le aziende motociclistiche in primis a credere in nella loro tradizione ???????? 

giovedì 13 dicembre 2018

La Numero Uno Roma





Questa volta racconto di loro. Da dove tutto è cominciato e dove vidi la prima volta Carlo nel settembre del 1992.


Se Fabrizio Farinelli era formalmente il  “Direttore” della Numero Uno, l'uomo su cui gravava la responsabilità del buon andamento della stessa c'era, in realtà, al suo fianco un personaggio che si preoccupava di togliere le castagne dal fuoco nelle situazioni più delicate, anche se la sua mansione era quella di addetto ai ricambi. Parlo di Piercicciolo (….chiamato così da un suo amico perchè era paffutello....) alias Pierluigi Bonizi

Ed inizio il racconto proprio da quella volta che fu costretto ad intervenire allorchè un napoletano si presentò per comprare un Fat-Boy (che all'epoca costava 22 milioni di vecchie Lire) pretendendo di dare l'anticipo di due milioni in natura a Farinelli, che nel frattempo era diventato bianco come un cadavere e pronto a stramazzare al suolo in pochi secondi. Piercicciolo, grazie al sarcasmo ed al sano cinismo che lo contraddistinguono, salvò Farinelli da un probabile soggiorno all'ospedale. Ho cominciato il racconto da uno degli episodi più divertenti, per darvi la dimensione di cosa rappresentasse Piericciolo all'interno della Numero Uno. 

Una sorta di “collante” tra tutti i componenti, in grado di gestire situazioni pesanti, laddove Farinelli per estrema timidezza non arrivava e, nel contempo, scatenare casino nello spazio di un secondo. Uno dei suoi rituali era picchiare (….in senso buono ovviamente!!!!) Davide a fine serata per farlo crescere bene, secondo buoni principi. Ma uno dei suoi divertimenti maggiori era fare i dispetti al buon Fabrizio che sopportava in silenzio, come se fosse uno scotto da pagare. Una qualche punizione di una vita passata che si trovava a scontare in quel momento. 

Infatti uno dei divertimenti maggiori di Piercicciolo, al quale partecipavo pure io di buon grado quando passavo da quelle parti, era fare le puzze nell'ufficio del Direttore, quando vi si chiudeva dentro per gestire la parte amministrativa. Debbo dire che aspettavo con ansia quel momento, perchè seguivano poi delle risate a non finire anche da parte di tutta la truppa che stava lì. C'erano persone che non andavano alla Numero Uno per comprare moto o ricambi, ma per vedere Piercicciolo. Una presenza scenica fondamentale. 

Se vi capita vi dovete far raccontare di altri episodi dal diretto interessato come di quando, alla prima cena Harley-Davidson, ebbe la sventura di salire dietro al Direttore su una Electra Glide con motore Screamin'Eagle, che non si fece problemi a fare un curvone a cannone con le scintille che provenivano da una borsa che toccava per terra. Ma vi dovrete far raccontare bene perchè pare che oltre alle scintille, Piercicciolo abbia perso pure qualche altra cosa o, volgarmente detto, si sia cagato addosso!!!!
Quando Farinelli aprì la Numero Tre e la coppia si sciolse, molto andò perso di quella magia.

Davide Principessa lo conobbi che era un pischello e non faceva altro che prendere botte da Piercicciolo. Simpatico e molto educato, non si lasciava andare con tutti. Poi segui Farinelli alla Numero Tre dove ancora si trova. Brava persona.

Barbara Gricia che arrivò, se non sbaglio, alla Numero Uno nel 1993 come addetta alle vendite dell'abbigliamento, la conoscevo in realtà da prima. Una persona solare, anche se con un carattere forte e deciso, con la quale passare qualche ora a far casino è una delle situazioni più naturali che possano capitare. Con Barbara siamo amici da una vita  ed anche se ormai ci vediamo e sentiamo poco, quando capita è come se fosse passato un giorno. Se non ricordo male con Carlo non andava molto d'accordo, ma se non ci fosse stata lei a Roma, il merchandising HD non sarebbe mai decollato. O sarebbe decollato con molto ritardo
.
Susanna di cui non ho mai saputo il cognome, ma della quale ricordo sempre il compleanno: il 16 giugno. Tranne, forse, in un paio di ricorrenze, mi sono sempre ricordato di chiamarla o contattarla per farle gli auguri. Con Susanna puoi fare anche solo uno scambio di battute o passare ore a parlare dei problemi più profondi. Persona molto eclettica. 

Il Povero Paolo, nonché compagno di Barbara, è classico finto burbero. Quando l'ho conosciuto mi è stato subito simpatico e mi ci sono affezionato molto. E' un meccanico sopraffine. Forse un poco lento, ma sopraffine. Per me che sono pignolo all'inverosimile con la moto, il Povero Paolo (….chiamato così perchè è un tipo molto calmo....) è uno dei pochi meccanici a cui mi affido solo dicendo due parole e nulla più. Non solo ha estrema competenza sui motori, ma anche una grossa sensibilità ed umiltà, che gli permettono di studiare non dando per scontate molte situazioni. Ci dovrebbero essere in giro più professionisti come lui nel settore, a fronte dei tanti cialtroni che proliferano.  

Alla Numero Uno ho passato molto tempo, con diversi ricordi. Mi piaceva passare lì ed, ancor di più, mi piaceva festeggiare il mio compleanno con tutti quanti la mattina del 24 dicembre, cogliendo l'occasione anche per farci gli auguri di Natale. Quando Farinelli aprì la Numero Tre gran parte di quella magia si perse. Ma fu ancor più brutto quando la persona che l'aveva rilevata da Carlo Talamo, invece di venderla decise di chiuderla lasciando a piedi tutti quanti (….queste sono le voci che girano...). Fu un brutto colpo. Una volta sola sono passato di lì recentemente e mi è preso male. Non c'è più segno di quel glorioso passato tracciato da Carlo Talamo e dalla gente che, a vario titolo, ha interagito con lui.

lunedì 26 novembre 2018

La Numero Uno Milano



Questa volta vi parlo di Lamberto, Marzia, Tony e Mauro Rivoltella, iniziando ad associare ad ogni racconto una pubblicità di Carlo Talamo.


Lamberto: lo vidi la prima volta al Pallequadre del 1992 e mi fece subito impressione. Non conoscevo gli harleysti e di venditori di Harley avevo incontrato solo Farinelli, il tipico lord inglese. A Roma girava qualche gruppo biker e persone che ruotavano attorno alla Numero Uno. Lamberto era un soggetto sui generis. Quando me lo presentarono mi dissero che era il responsabile vendite della Numero Uno di via Niccolini e lo vidi quasi subito far casino con Carlo e farsi dare i mozzichi sulle chiappe. Fu sua l'idea di fare la foto a Carlo mentre dormiva per terra all'Elba circondato da monetine che gira su internet.....
Mi sembrò da subito un simpatico-folle che non poteva fare altro che vendere Harley. Non lo avrei mai visto in altri posti che non fosse la Numero Uno. Farinelli mi confermò che lo stesso Carlo lo riteneva una delle persone più adatte a vendere le Harley. E quando Carlo diceva una cosa era praticamente legge. Lamberto l'ho perso di vista, ma l'ho incontrato assai poco. Giusto le rare volte in cui andavo a Milano a trovare i miei cugini e passavo da via Niccolini, o in qualche altro raduno. Era buffo.

Marzia Ogna: non ricordo se la incontrai per la prima volta al Pallequadre del 1992 oppure in qualche successiva occasione. Il primo contatto fu molto cordiale e quando entrai alla Numero Uno percepii che era lei a dominare la scena del negozio, ancor più di Lamberto. Rideva poco e sembrava un tantino distaccata ma, almeno con me, si è trattato solo di un atteggiamento iniziale. 
Non è che abbia mai parlato molto con Marzia a causa del fatto che ci siamo incontrati poche volte, però l'atteggiamento iniziale tradiva la realtà dei fatti.  Ogni tanto ci scriviamo e ne sono contento. 

Tony Manetta: parlo di lui in quanto la nostra conoscenza è cresciuta con i social network dal momento che di lui ho un pallido ricordo su quando lo incontrai alla Numero Uno. C'è sempre stata stima reciproca e questo mi basta. Mi fa molto piacere sentire e parlare anche con lui.

Mauro Rivoltella: che io ho chiamato fin da subito “Il Pistola”. Conosciuto al primo Pallequadre del 1992. Come per molte persone che ruotavano intorno a Carlo, il primo impatto non è stato dei più positivi. Semplicemente mi sembrava che se la tirasse (detto alla romana). Il solito milanese pieno di sé. Anche in questo caso (almeno con il sottoscritto) si è trattato di una prima impressione. Non che Mauro sia un tipo da cabaret, ma è molto più alla mano di quanto in realtà non sembri. Me me sono accorto nel lontano agosto del 1996, quando trascorsi con lui ed altri amici una breve vacanza a Porto Recanati dall'amica Barbara Gricia. Girava con la sua FXR Police e non si perdeva occasione per far casino. Divenne responsabile HOG Italia e quando mollò la carica me ne sono dispiaciuto molto. Era sempre un piacere vederlo ai vari eventi e farsi quattro risate. Non mi piace parlare di situazioni e persone che non conosco, ma Mauro era una persona estremamente indicata per quel ruolo e con un grande carisma che gli veniva dall'aver lavorato per lungo tempo ed a stretto contatto con Carlo. Sebbene non frequenti più l'ambiente Harley-Davidson, sono molto dispiaciuto che non ci sia più lui. 


giovedì 15 novembre 2018

Il Direttore!

ascanio gardini e fabrizio farinelli alias il direttore

ascanio gardini e fabrizio farinelli alias il direttore

ascanio gardini e fabrizio farinelli alias il direttore

ascanio gardini e fabrizio farinelli alias il direttore


Proprio in questi giorni che è il suo compleanno (esattamente il 17/11, un giorno prima di Carlo....), vi racconto di Fabrizio Farinelli, iniziando così a parlarvi dei vari personaggi che ho avuto modo di conoscere e che ruotavano, in qualche modo, attorno alla figura di Carlo Talamo.


Il nostro incontro risale al lontano 1991 quando vengo portato da un amico alla Numero Uno. Esce fuori questo tipo con i baffetti e l'aria da perfetto lord inglese che non mi ispira alcuna simpatia. E' freddo, poco loquace e sembra pure un tantino altezzoso. Non mi piace, ma il nostro incontro dura una manciata di minuti e finisce lì. Dopo circa un anno mio padre decide di regalarmi il primo Sportster ed andiamo alla Numero Uno per stipulare il contratto.  L'idea su Fabrizio Farinelli non cambia, anche perchè mi preventiva tempi di attesa biblici per ritirare la moto che poi, in realtà, si accorciano notevolmente grazie all'intervento di un amico che intercede per me con Fabrizio. 

Inizio ad apprezzare la sua disponibilità e nel giro di poco tempo nasce quella che per me tutt'ora è un'amicizia importantissima. Strano a dirsi. Lui chiuso e riservato, io casinista e molto loquace, riusciamo inspiegabilmente a trovarci sebbene tra noi vi siano più di vent'anni di differenza.
Ancora oggi, oltre alla passione per le moto e per i motori in genere, mi domando quale sia stato il “trait d'union” della nostra amicizia.
Poche volte ho sentito da lui giudizi secchi su qualcuno. Sempre misurato e pacato......tranne quando sale in motocicletta!!!!

Ai tempi dei primi raduni HD (anni novanta) da qualcuno era stato ribattezzato UFO, perchè quando saliva in moto e metteva il casco scompariva e non lo vedevi più.
Nel lontano 1996, alla partenza di un Pallequadre, fui tratto in inganno da questo suo comportamento e corsi appresso ad un fantasma tutta la notte fino a San Benedetto del Tronto. All'ultimo momento, invece di partire per il raduno, si era messo il casco voltando verso casa quando, all'uscita da una stazione di servizio, ci trovammo difronte la Polizia con i mitra spianati che aveva scambiato per colpi di arma da fuoco i mortaretti sparati da Lello Er Maniaco e dalle Teste Matte.

Un paio di anni dopo, esattamente nel 1998, partimmo per andare a Vairano di Vidigulfo (vicino Milano) per partecipare al primo Triumph-Day (che all'epoca si faceva anche con le Buell), facendo tutta la Cassia da Roma. Io avevo comprato da poco una Buell M2 Cyclone su cui avevo montato uno scarico Supertrapp che faceva un gran casino. Arrivammo la sera a Vairano  distrutto, così come altri del gruppo, mentre il Direttore, che stava con una Speed Triple 509, era fresco e pulito, nemmeno fosse appena uscito da una lavanderia......

In quegli anni iniziammo ad avere una sorta di rituale che durò per molto tempo: la sgroppata del sabato a pranzo sulla Flaminia. Io, oltre allo Sportster (sostituito successivamente dalla Buell), avevo a disposizione l'Aprilia 125 Replica di mio fratello. Un bel giorno il Direttore mi propose di farci questo giro fino al bar di Sassacci, dopo Civita Castellana, ritrovo dei motociclisti (chi è di Roma conosce bene il tragitto....) Si presentò con una Triumph Trident 900  nera e rossa sulla quale aveva montato i terminali a beccuccio dei vecchi BSA Rocket. Mi disse di stargli dietro per migliorarmi nella guida. 

Quell'uscita mi servì per capire che quando si esce in moto con il Direttore  bisogna fare tutto tranne che stargli dietro e tentare di seguire le sue linee. Ha movimenti dolci e cadenzati, con inserimenti precisi e mai scomposti della moto in curva. Osservandolo non può non venire in mente un certo Troy Corser e le sue stratosferiche “superpole” ai tempi d'oro della Superbike. Lo vedevi entrare in pista per il giro secco e pensavi che stesse andando a passeggio, poi vedevi il crono e rimanevi senza parole

Ecco: questo è il Direttore ed in quella occasione lo imparai a mie spese. Fino quasi a Civita Castellana feci molta fatica per stargli dietro, anche se l'andatura non sembrava proibitiva. Imputavo il tutto alla piccola Aprilia ed alla mia non grande abilità nella guida. Poi arrivarono i tremendi curvoni a scendere (non li conoscevo) che assomigliano al terribile  “Cavatappi” di Laguna Seca. 

Dopo un bel rettilineo il Direttore accenna una leggera frenata ed inserisce dolcemente la moto sulla destra. Lo vedo scomparire. Io provo a fare la stessa cosa ma in un decimo di secondo mi rendo conto che siamo a circa 160 km/h. Provo ad inserire la moto ma sono costretto a tirare una frenata come non mai finendo sulla corsia opposta. Arrivo a Sassacci bianco come un cadavere per la paura..... 

Come detto, questo nostro rito durò molto tempo. Un giorno ci superammo: quaranta minuti per arrivare a San Gemini (….ovviamente facendo la Flaminia...). Dopo tutto questo tempo sorrido al ricordo di quei momenti, ma se ci ripenso bene mi viene il terrore!!!! Usavamo la Flaminia come se fosse un circuito di gara. Una sorta di TT italiano. Folle. Ora se la faccio ad ottanta chilometri all'ora è pure troppo anche se la conosco a memoria.

Quando Carlo morì fu lui a darmi la notizia. Ero appena tornato a casa dopo una giornata lavorativa abbastanza difficile. Mi squilla il telefono e senza troppi giri di parole, con la voce rotta dall'emozione, mi dice: “Ascanio è successo l'impensabile. E' morto Carlo.”. Fu un momento bruttissimo.

Grazie al Direttore ho avuto modo di conoscere molte persone legate a vario titolo a Carlo (e di cui racconterò in seguito). A molte di queste persone mi sono affezionato parecchio e ne conservo tutt'ora bei ricordi.
Questi ventisei anni mi sono volati ed ho la costante sensazione di aver vissuto un'epoca irripetibile. E di aver conosciuto un grande amico.